Il paese Patrignone sorge a quota 257 s.l.m. Il nome deriva dall’antroponimo latino Patrinius; si tratta dunque di un toponimo di carattere prediale. Lo storico aretino Pasqui però sostiene di aver appurato l’esistenza di una forma diversa: Paternianum, anche se sembra meno sicura.
Non si riscontrano per Patrignone resti che rimandino ai periodi preistorico, estrusco e romano.
Direttamente attestate invece appaiono le epoche altomedioevale e medioevale.
Patrignone sarebbe ricordato per la prima volta nel 941 in una carta di donazione di beni a S. Flora, beni che vennero riconfermati all’Abbazia nel 970 da Ottone I e che appaiono a più riprese insidiati da nobili del luogo.
Nel Libro della Lira del 1390 la Villa Patrignonis è indicata come uno degli 81 comunelli e ville del Capitanato di Arezzo: allibrata per la quota molto bassa di Lire 5.
La Chiesa parrocchiale dedicata a S. Michele Arcangelo è sicuramente di origine altomedioevale.
E’ stata ritrovata, nell’anno 1775, la pergamena posta nell’altar maggiore al tempo della consacrazione della chiesa nell’anno 1028. Dice la pergamena: “Haec ecclesia consecrata est a Theodaldo Arret. Episcopo ad honorem Dei et S. Michelis Arch Prot. Ecclesiae et aliorum Sanctorum anno Xsti MXXVIII”.
E’ un motivo di gloria per la Chiesa di Patrignone l’essere stata consacrata da Teodaldo dei signori di Canossa e zio della Contessa Matilde, che fu uno dei più grandi e santi vescovi della Diocesi aretina, amico di S. Romualdo e protettore di Guido Monaco. Ma probabilmente la chiesa consacrata da Teodaldo non fu la prima di Patrignone; doveva essere preceduta da un’altra, sempre altomedioevale, di cui non sappiamo nulla.
Dai Decimari dei secoli XIII-XIV risulta che la chiesa di S. Michele dipendeva dalla Pieve di Galognano. Nel 1424 risulta in discrete condizioni e retta da un canonico aretino.
La veneranda chiesa di Teodaldo crollò all’improvviso nella notte del 31 maggio 1775 involgendo nella rovina una metà della canonica. Il povero parroco, don Luigi Vignoli, non fu aiutato da nessuno nella ricostruzione ed il patrono, un certo Cav. Antonio Vincenzo Gherardi di Sansepolcro, gli rinunziò il diritto di patronato per non essere coinvolto nelle spese. L’unico aiuto che ebbe dalla Curia Vescovile di Arezzo fu un ulltimatum: se la chiesa non veniva ricostruita la parrocchia di Patrignone sarebbe stata soppressa ed annessa a quella di Ceciliano. E don Luigi tra opposizioni di ogni genere e riducendosi alla fame, spendendo tutto il suo e contrendo debiti, in un anno la ricostruì. E’ la chiesa attuale. Dall’anno 1997 il parroco attuale, don Alessandro Bernardini, ha fatto eseguire, in varie tappe, alcuni lavori di restauro all’interno della chiesa; quello più importante è stato il rifacimento completo del tetto, sostituendo l’intera travatura del 1775.
Oggi la parrocchia conta circa 600 persone.